2011年3月31日木曜日

Il diario di un'infermiera dal Giappone

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NOTA : non sono l'autore originale di questo blog. L'origine e' http://blog.goo.ne.jp/flower-wing

Questa è una traduzione del blog scritto da un' infermiera che lavora nella zona colpita dal terremoto e dallo tsunami subito dopo il disastro. Credo che sia importante per documentare ciò che è avvenuto in Giappone in  un modo che i media mainstream non riescono a fare. Un traduttore anonimo ha fatto la traduzione originale in italiano. Poichè credo che sia importante condividere con i lettori italiani. Ho copiato e incollato la traduzione di questo blog in modo che sia più visibile e accessibile.
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La traduzione inizia da qui

La traduzione inizia da qui:

DISCLAIMER dal traduttore: Non so niente di medicina. 

Si prega di prendere tutti i dati medici cum grano salis.


1) Per le zone colpite. 


11 Marzo 14:46. Terremoto nell'Oceano Pacifico, Touhoku, Giappone nord-orientale.

A tutti coloro che sono nelle aree colpite e a tutti coloro che non sono in quelle zone, ma sono colpiti dal disastro in vari modi, a
uspico di cuore che si possa essere in grado di ripristinare la vostra vita quotidiana il più presto possibile.
E per chi è mancato, prego affinché riposi in pace, dal profondo del mio cuore.


C'è un motivo per cui ho deciso di ricominciare a scrivere in questo blog, che avevo temporaneamente lasciato incustodito per tanto tempo:

Il 15 marzo, un team di assistenza medica di emergenza è stato assemblato presso l'ospedale in cui lavoro.

Sono stata scelta dalla nostra unità di emergenza per far parte della prima squadra di soccorso nelle zone colpite, dal 16 al 23 marzo. Vorrei esprimere in qualche modo quello che ho visto, quello che ho sentito, e tutte le cose che non sono riuscita a fare.

Dal giorno del terremoto ho pensato a quale aiuto avrei potuto portare e a cosa avrei dovuto fare, vedendo la situazione che peggiorava sempre di più.

Ero sicura che avrei potuto fare qualcosa per aiutare chi era sopravvissuto, e quando ho sentito questa proposta ho pensato: "Ecco!"

Il giorno prima della partenza, ci hanno dato i documenti ed è stata fatta una riunione. Ci hanno detto che non c'era bisogno di portare il portafoglio e soldi, e che sarebbe stato difficile assicurare il sonno e i pasti a tutti. Le vittime avrebbero avuto la priorità.

Poi il capo degli infermieri ci ha detto:
"La situazione laggiù è oltre le vostre peggiori aspettative. Se qualcuno di voi ha delle prospettive ottimistiche, si prega di lasciare questo team da subito.
Promettete di non piangere perchè non andiamo per avere compassione di loro, andiamo per offrire cura e assistenza medica. Stanno soffrendo loro, non voi.”

Mi sento depressa.

Il capo ha chiamato un'infermiera del mio ospedale che ha l'abitudine di truccarsi molto e le ha detto:
"Non venire con il trucco."

Dopo che sono tornata a casa ho mandato delle e-mail agli amici per alleviare la mia ansia, ho detto loro che sarei andata nelle zone colpite dal terremoto.

Ho mangiato 2 tazze di noodle in brodo perchè probabilmente non potrò mangiare cibi caldi per un po’ di tempo.

Anche la casa dei miei genitori è stata danneggiata dal terremoto, volevo raggiungerli ma i treni non sono ancora stati ristabiliti, quindi non ci riuscirò.


Ho chiamato mia madre e le ho detto che sarei andata nelle zone colpite l'indomani, lei mi ha detto: "Noi stiamo tutti bene. Vai ad aiutare le persone che sono veramente in difficolta", mi ha dato coraggio.

Durante la notte non ho fatto altro che controllare i miei bagagli, in continuazione, e non sono riuscita a dormire tanto, pensando ai giorni che avrei dovuto affrontare.


2011年3月30日水曜日

2) il primo giorno

Il 16 marzo, il capo degli infermieri ci ha comunicato le sedi a cui eravamo stati assegnati.
"Tu vai a Rikuzen-Takata."
Sono stata assegnata a una squadra medica in direzione Rikuzen-Takata, nella provincia di Iwate. E' una zona gravemente danneggiata. 
Andremo nella zona in aereo.

Le infermiere del mio ospedale sono state assegnate a Fukushima e a Miyagi.


Ogni squadra ha portato decine di migliaia di fleboclisi, medicine, bende, compresse, pannolini, assorbenti igienici, garze, mascherine igieniche, ecc., dagli ospedali di Tokyo, utilizzando diversi mezzi di trasporto. Non sapevamo in quel momento che queste decine di migliaia di oggetti medici non sarebbero stati sufficienti.

Al posto del camice, ci mettiamo una specie di grembiule, che sembra un giubbotto da ginnastica, con sopra stampato NURSE / Kangoshi* sul dorso.

*Nurse: infermiere in inglese, Kangoshi: infermiere in giapponese.

Guardando dal finestrino dell'aereo, ho capito che stavamo passando Tochigi. Quando eravamo sopra Fukushima, ho visto le case i cui tetti erano caduti. Sono riuscita a vedere anche la centrale nucleare.
Il capo medico ha detto: "Si può capire dove siamo dalla costa. Questa credo sia la città di Sendai"

Il paesaggio di Sendai, dove sono stata molte volte con i miei amici è cambiato completamente, loro mi hanno mandato dei messaggi dove dicono di stare bene e di non preoccuparmi, però non mi sembra proprio che le cose vadano bene! Sono proprio triste.
 

Quanto più ci rendiamo conto della situazione nella città di Sendai, tanto meno parliamo.

Più ci avvicinavamo alla costa di Iwate e più il paesaggio si faceva nitido; il terrorre mi ha paralizzato le gambe. Sembravano rovine bruciate e sepolte, in parte immerse ancora nell'acqua.


Ho pensato: "Questo è il Giappone, non è tanto lontano da Tokyo", come se quel luogo in quel momento mi sembrasse troppo lontano. Ho cominciato a temere i luoghi in cui sarei andata.
Inoltre mi preoccupavo di non essere troppo utile, di essere una palla al piede per gli altri.


Quando siamo arrivati nei rifugi, non ho avuto nemmeno il tempo di pensare o di preoccuparmi per qualcosa. Ciò che avremmo dovuto affrontare sarebbe stato durissimo.

3) le bandierine rosse

Rikuzen-Takata è una distesa di fango e un grande ammasso di macerie.

Questa zona è stata annientata dallo tsunami. Non c'è davvero più nulla e i palazzi rimasti in piedi sono in rovina.
 
 
Una barca è entrata dentro un appartamento al quarto piano ed è difficile crederci, pur da testimone oculare.

Un forte odore di bruciato punge il naso.

Regna il silenzio. L'unica cosa che si sente è l'eco degli elicotteri che sorvolano la zona.


La neve ha ricoperto le macerie. Continua a nevicare abbondantemente; non ho freddo, sento solo paura. So che le mie gambe non tremano per il freddo.

Ci raccogliamo in silenzio, mandando un pensiero alle vittime. Penso che forse sarei dovuta venire prima.



Prima di raggiungere i rifugi, un impiegato
 del comune ci ha guidati all'interno della citta’.
Questo era il quartiere commerciale.”
Questo l’ufficio postale.”
Qui c’era un ottimo ristorante”
Questo era un asilo.”
Adesso c’è solo un ammasso di macerie.


Ci dice: “E' arrivato uno tsunami alto 15 metri, nerissimo. Ha inghiottito tutto, distruggendo e portando via ciò che si trovava davanti. Se la responsabilità fosse di qualcuno potrei sfogare la mia rabbia e disperazione, ma non c'è nessuno con cui me la possa prendere. E' stata una calamità naturale.”

Avevamo feste e sagre che dedicavamo al mare, perché gli siamo sempre stati riconoscenti...”. Ora piange.

Sto per piangere anch'io, ma ho fatto una promessa. Guardo il cielo, cercando di pensare ad altro.

Il vento trasporta e fa rotolare foto di bambini e di matrimoni, color seppia.
Ci sono tante piccole bandierine rosse che sventolano.

“Abbiamo piantato le bandierine dove ci sono i morti”.

Facevo fatica ad ascoltarlo.

C’e’ un'anziana di fronte a una bandierina. Sembra avere la stessa
eta’ di mia nonna.
Mi dice: “sai, cara l'infermiera, qui c’era la casa che io e mio marito avevamo
costruito. Mio marito ha lavorato senza sosta dopo la seconda guerra mondiale.
E' stato sempre sano, non ha mai avuto malattie. Ora però è morto”.

Non riesco a trattenere le lacrime.
Il capo infermiere mi è corso incontro, mi ha strattonato fin dietro la macchina, rimproverandomi. Ho deciso comunque di dimostrare i miei veri sentimenti, è stata una mia scelta.

Le immagini che si possono vedere sono selezionate dalla televisione. La realta’ e’ quasi un'altra, un vero inferno.
Quando i militari del Corpo di Autodifesa rimuovono le macerie,
trovano sempre cadaveri infangati.
Le chiamo macerie, ma erano le abitazioni, i mobili, gli oggetti personali che una volta appartenevano a qualcuno, prima che il terremoto arrivasse.

Durante il lavoro ho visitato tutti i rifugi e misurato la pressione arteriosa degli anziani e domandando sulle loro condizioni di salute.

Poiché l’elettricita’ era ancora assente, ho fatto tutto il possibile per riuscire a misurare la pressione arteriosa di tutti gli anziani prima che facesse buio.

Un'anziana mi ha preso la mano mentre le misuravo il battito del polso: “Tu sei giovane come mio nipote. Hai la mano calda.” 
Ha chiuso gli occhi per un po’.

Un altro anziano non faceva altro che ringraziarmi.

Un altro ancora avrebbe voluto alzarsi dal letto per ringraziarci, ma non ci è riuscito. 

I bambini mangiano di gusto piccole polpette di riso cotto.

Un bimbo dorme nella sua copertina.

Arrivata la sera non riesco a sollevare le braccia. Abbiamo visitato una
decina di centri per gli sfollati, ma ce ne sono ancora tanti altri.

Durante la notte ho pianto. Sotto la coperta.

4) bambini e anziani

17 marzo

Ho partecipato a una squadra medica che gestisce un pronto soccorso in un centro sfollati. Loro ricevono le ambulanze.

I letti sono già occupati e i pazienti, tantissimi, aspettano nella sala. Mancano medicine e forniture mediche.

Ho applicato il "triage". C'erano molti bambini che avevano temperature pari a 39 ° C.

Uhh, l'influenza.

Abbiamo portato sia Relenza che Tamiflu, ma non ne abbiamo ancora abbastanza in magazzino. Abbiamo dato Calonal ai pazienti che hanno i sintomi più leggeri e spero che le temperature si abbasseranno. Ci sono molti bambini piccoli e gli anziani che hanno poca resistenza alle malattie. Inoltre c'e' per tutti il pericolo di essere infettati dalle malattie.


Abbiamo deciso di separare i pazienti che hanno l'influenza. Speriamo non aumentino i pazienti infetti.

Abbiamo ricevuto una richiesta di soccorso da un rifugio in cui una delle mie colleghe è stata inviata.

Vogliono mandarci alcuni pazienti anziani che hanno diarrea e soffrono di disidratazione. I soccorsi non sono riusciti a raggiungerli e hanno dovuto mangiare riso crudo. Soffrono di gastroenterite.
La radio diceva che i soccorsi stavano arrivando, ma in realta' non avevano ancora raggiunto i rifugi piccoli e la mancanza di benzina ha reso la circolazione molto difficile.

Anch'io ho un po' di mal di pancia perche' ho bevuto l'acqua ricavata dalla neve.


Non mi lamento però. Sorridere! Provo a sorridere davanti ai pazienti.

Ho avuto un turno di riposo di sole due ore e mezza oggi. Ho lavorato tutto il giorno, dalla mattina presto. La gente nei rifugi sta passando momenti molto difficili e devo impegnarmi.

Gli anziani trasportati mostravano sintomi di disidratazione e temperatura bassa.
Il nostro stock di fleboclisi sta quasi terminando. Mancano anche scatole di aghi da flebo.


Hanno portato anche un paziente sotto collasso, a causa di una forte emorragia da ulcera gastrica.  Il medico ha urlato "Presto! L'endoscopio e la trasfusione di sangue!", ma subito dopo ha detto "Ah, non c'e' niente qui...."
 

Quindi siamo intervenuti con le operazioni più urgenti, cercando di mantenere la pressione arteriosa. Poi siamo riusciti a trasferirlo presso l'ospedale di Orioka, nella provincia di Iwate.

L'abbiamo accompagnato, per scusarci per non averlo potuto curare con quello che avevamo. 

Domani cercherò di contattare Ishinomaki, che e' una citta' abbastanza grande, per comunicargli che ci mancano le attrezzature mediche, ma puo' darsi che anche loro siano nella stessa situazione.

Il numero delle vittime, di cui i familiari non hanno più notizie, aumenta in continuazione.

C'e' un anziano che cerca sempre la moglie dal giorno dello tsunami. Vorrei potesse riposarsi in qualche modo.

La situazione è davvero dura, e a volte mi scoraggio, ma gira voce che alcuni pullman e camion stanno ricominciando a partire.

Quasi sicuramente da ieri!

5) la vita persa e la vita nata

18 marzo


La nostra squadra si reca in un ospedale che accetta pazienti in gravi condizioni.

Vi lavorano dottori, infermieri, farmacisti, radiologi, dietisti ed assistenti medici, senza mai riposarsi dal giorno del terremoto.
Non sanno ancora se stanno bene le loro famiglie o i colleghi che non lavoravano quel giorno, ma continuano a lavorare senza sosta.

Siamo venuti per dargli il cambio, per farli riposare.

L’assistenza medica e’ uguale anche se il luogo e la disposizione delle medicine sono diversi. In realta’ non so cosa fare per gestire la situazione perché le ambulanze affluiscono senza interruzione e ci sono piu’ di 1000 pazienti che stanno aspettando. Provo però a fare tutto il possibile.

Sono stata assegnata una squadra di accoglienza per i pazienti che arrivano con le ambulanze.
Hanno avuto ictus ed infarti poiché non sono riusciti a somministrargli i farmaci.

Ci sono anche i pazienti che soffrono d'insufficienza cardiaca perché non hanno potuto fare la dialisi, soffrendo loro di nefropatia.

Sono sopravvissuti al terremoto e allo tsunami, ma stanno morendo di malattia. E' difficile esprimere il senso di disperazione che proviamo.

Se fossi a Tokyo, in ospedale, avrei a disposizione tutto ciò che mi serve; per esempio le fleboclisi e le medicine. Ci sarebbe l'elettricità ecc.

Invece qui abbiamo poca elettricità poiché ci alimentiamo tramite un gruppo elettrogeno. Dobbiamo mandare chi ha bisogno di essere operato in altre province, via elicottero.

Il sangue prelevato ai pazienti è sempre pessimo, denso.
Gli chiedo “Hai mangiato qualcosa? Assumi liquidi?”, e rispondono con voce flebile “No, non posso mangiare solo io. Ho mangiato una polpetta di riso cotto e ho bevuto una tazza di te’ al mattino e una alla sera”.

Siamo disperati, mancano le fleboclisi...

Faccio sdraiare i pazienti sul duro pavimento e faccio le fleboclisi, una dopo l’altra. Aspetto un po’ e tolgo l’ago dalle flebo. E’ gia’ molto se si riesce a stimare chi e fino quando potrà riuscire a fare le flebo.

Abbiamo ricevuto un’ambulanza. Ho accolto i pazienti.
C’e’ una donna incinta che ha le doglie.

Sembra avere la mia eta’ ed e’ al suo primo parto.

Poiché non sono ostetrica, le ho assicurato qualche flebo e sono stata lì ad aspettare.

Una volta messa la flebo, ha detto “Mi dispiace molto... ci sono tantissimi malati gravi.”
Le ho risposto “ Ma dai! Stiamo tutti aspettando il tuo bambino!”

I bambini sono la speranza di domani.

Quando e’ nato, la sala parto e’ come se fosse diventata più luminosa.
poiche’ non si puo’ riscaldare l’acqua, abbiamo usato un fornello a gas. Il bambino e’ stato ricoperto con una copertina con un personaggio tipo Ham-taro (personaggio degli anime, ndt) dei soccorsi.

La neo-madre ha detto piangendo “ Se fosse nato un po’ prima, l'avrei potuto far abbracciare da mio padre e mia madre. Lo stavano aspettando con gioia”.

Ma credo che loro l'abbiano aiutata molto perché il parto non è stato difficoltoso.

I membri della squadra medica sono arrivati di corsa quando hanno sentito il primo pianto. La felicità ci ha pervasi.

Ci aspettano ancora sicuramente tante situazioni dure, credo però che saranno ancora di più le cose belle.

Quando il bambino crescerà, questa citta’ tonera’ allo stato precedente e la gente tornerà a sorridere. Lo spero veramente.

La radio annuncia che il numero delle vittime sta aumentando drasticamente.
Oggi qui è nata una nuova vita.

La vita e la morte delle persone hanno lo stesso peso. Non c’e’ differenza. Questo ho notato.

Spero che domani e il domani possano portare qualcosa di più bello.

6) ancore di salvezza e legami

Notte del 18 marzo

Finalmente l'elettricità è stata ripristinata nella palestra! Abbiamo tutti pianto di gioia quando è tornata la luce.

La luce è tornata prima di quanto ci aspettassimo poiché nella parte orientale del paese il consumo di corrente è stato ridotto. Ero veramente piena di gioia.
Sono grata alla gente che ha pensato a noi, riducendo i consumi.

Nevicava e il giorno stava per terminare quando sono arrivata nella zona
colpita dal terremoto. Una persona ha borbottato “Ormai Buddha e gli dei ci hanno abbandonati. Lasciano che oggi nevichi”.
Ci sono però tante persone infinitamente dedite alla causa.

La ricostruzione è appena iniziata e sarà lunghissima.
Spero con tutto il mio cuore che il popolo continui ad aiutarci.

Non ci sono ancora il gas e l’olio per le lampade e continua a fare freddo. Durante la notte, la luce elettrica mi ha riscaldata un po'.


Pomeriggio del 18 marzo

Ci siamo raccolti in silenzio per ricordare le vittime alle 14 e 46, ora del sisma.
E’ suonata la sirena. E' passata già una settimana dal giorno del disastro, ma vedendo i rifugiati in lacrime mi rendo conto che è stata velocissima.
Dobbiamo sostenerli psicologicamente.

Le ambulanze non fanno altro che trasportare i pazienti che hanno bisogno di
essere ricoverati in ospedale e c’e’ sempre il solito problema: l’ospedale e’
affollato, mancano le forniture mediche, e il combustibile per le ambulanze scarseggia

Non solo devo accogliere i nuovi pazienti ma devo anche misurargli la pressione. Salgo e scendo dal quarto piano usando le scale, poiché l'ascensore non funziona.
Il tempo sembra non bastare mai.

Ho una pausa di due ore per dormire, ma non faccio altro che pensare a come potrei utilizzare anche questo tempo.

Queste sono le mie poche note della giornata di oggi.

La luce elettrica è calda e luminosa. M'infonde coraggio e ci fa sentire un po' più uniti, con tutto il Giappone.

7) la piccola Runa

Ho fatto amicizia con una bambina durante questi tre giorni dentro il rifugio. Si
chiama Runa. Ha 6 anni e spesso mi segue mentre faccio avanti e indietro per il rifugio.

Runa odia indossare la mascherina igienica. E allora le ho disegnato sopra un “Hello Kitty” e mi ha sorriso. Ci siamo conosciute così.

Durante la notte fa veramente freddo nella palestra. Ci sono solo copertine sottili e ci teniamo caldo stando vicini.

Non dormo troppo vicina ai colleghi perché sono tutti maschi nella mia squadra; me ne sto rintanata vicino all'ingresso, lontana dagli spifferi.

La palestra senza luce sembra una grotta. Niente stufa, niente
luce. Lo spazio è vuoto e buio. Sentiamo spesso delle scosse.

Se fossi sola, avrei paura e mi farei prendere dall'inquietudine.
Sento che stando insieme riusciamo a trasformare la paura in forza. E' così che aspettiamo che l'alba arrivi.

Sento qualcuno che singhiozza in mezzo a tanti che dormono.
Sarà qualcuno che ha paura? Che ha perso la famiglia, gli amici?
Starò qui solo per una settimana ma questa condizione durerà per molto tempo.

Non riesco a dormire perché fa troppo freddo ma ci devo riuscire.
Quando mi sono rigirata, Runa e’ venuta accanto a me, con la sua copertina.
Mi ha detto “ciao” e si è rannicchiata vicino.

Le ho chiesto “Runa, non riesci a dormire?”
Lei ha annuito. L'ho stretta al mio petto. Era calda.

Mi chiede “senti, hai un ragazzo?” e rispondo di sì.
Mi chiede “com'è?”. E io “ha la barba.”
E lei “come Babbo Natale?”

Ah, che carina! Le rispondo “sì, magari gli somiglia un po'”, accarezzandole i  capelli.

Mi chiede sorridente “Babbo Natale tornerà il prossimo inverno?”
E io “credo di sì perché sei una bambina brava.”

Ma Runa dice ancora “senti, la mia casa non c'è più... e se poi non mi trova? Puoi chiedergli di non dimenticarsi di portarmi un regalo?”.

La stringo forte a me.

Le chiedo “Runa, cosa vuoi per Natale?”.
mi risponde “una casa e mia mamma”.

Runa sta sempre con una signora e pensavo fosse sua madre. Ho invece così scoperto che è sua zia.

Sua madre è stata trovata morta sotto le macerie.
Runa era all’asilo ed è stata portata in salvo. Sua madre invece è morta portando via con sé le bambole e lo zaino con i libri di Runa.

Ho pensato che le mancasse molto la mamma ed è per questo che voleva dormire sempre con me.

Quando sono dovuta partire verso gli altri rifugi, Runa ha cominciato a piangere a dirotto. Non voleva separarsi da me.
Ha appena perso la mamma, ha il cuore ferito. Questa è un'ulteriore separazione.

Vorrei dirle “ci vediamo presto” ma Runa non ha più un indirizzo. Non posso neanche scriverle.
Le ho promesso che ci saremmo riviste appena la città sarebbe stata ricostruita, e me ne sono andata.

Spero che Runa potrà crescere dimenticandosi di questo disastro. Spero diventi una donna forte e dolce.
Spero tutto il bene per lei.

Ancora una volta ho infranto la mia promessa. Ho pianto mentre la salutavo da dietro il finestrino della macchina.

Come ha potuto il terremoto distruggere tutto?!
Non sapevo con chi o contro cosa sfogare il mio dolore.

Sono venuta qui per portare il sorriso e per incoraggiare la gente, ma ho fatto
piangere Runa.

Ho cercato di capire perché mi trovassi lì.

8) alloggi temporanei

 19 marzo


E' mattina presto e già c'è molto chiasso in cortile.
I camion continuano arrivano senza sosta.
Dicono che stanno venendo per costruire degli alloggi temporanei.
Ho scambiato un paio di battute con un camionista dall'aria truce, ma molto gentile.
Stanno facendo una graduatoria per dare priorità ai rifugi che ne hanno più bisogno. E' sempre però una gran bella notizia.
Un bel passo avanti rispetto agli altri giorni!

Sono anche arrivate le vetture delle compagnie telefoniche “docomo” e “au”. Finalmente anche i cellulari torneranno a funzionare!
I rifugiati hanno cominciato a prendere contatto con le persone che non riuscivano a sentire da giorni.
Ho fatto quattro chiacchiere anche con un impiegato della “docomo”. Abbiamo riso un po'.

Sono ormai abituata a girare con i capelli sporchi e ad essere brutta. Senza trucco, senza lozioni. Mi lavo la faccia con un fazzolettino appena bagnato con qualche goccia di tè, e sono pronta per lavorare anche oggi!
Ci sentiamo molto carichi noi della squadra.
Spero che l’acqua corrente torni presto.

C'è un'altra bella novità rispetto a ieri: fa caldo. E’ il sole di primavera. Spero non torni il freddo.

Mi dicono anche che un pullman ha ripreso il suo tragitto da Morioka a qua, Rikuzen-Takata.
Un'altra bella notizia!

Un’anziana che è stata trasportata urgentemente dalla palestra all'ospedale è ritornata in buone condizioni.

“Ben tornata!!!”

“Bentrovati tutti!!!”

Il rifugio è sempre più simile a una famiglia.

Sulla mia uniforme c'è scritto “nurse” ed infermiere in caratteri cinesi. Pensando fosse diffiicile la lettura per gli anziani ed i bambini, mi sono scritta addosso “infermiera”. La scritta piano piano ha cominciato a cancellarsi. Ora quasi tutti mi chiamano “signora teiera”. Eh eh, è divertente.

Ieri sera abbiamo raggiunto un villaggio vicino. L'edificio del comune si è trasformato in rifugio, solo che i soccorsi pare non siano ancora arrivati. Allora ho chiamato un'amica da un telefono pubblico e le ho detto di avvertire il governo.

Mi hanno poi chiamato dal rifugio del villaggio dicendomi che finalmente i soccorsi erano arrivati.

Un militare ci ha detto che il messaggio sui mancati soccorsi nel vicino villaggio ha fatto subito il giro del paese, nonostante sia un rifugio piuttosto piccolo.

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno portato il proprio aiuto e ci hanno ascoltati.

Finalemente sono arrivati i pannolini e le creme per i bambini. Hanno i sederini rossissimi perché non li hanno potuti cambiare.

Ci hanno portato anche polpette di riso, miso, yogurt e tanto pane.

Durante la notte dovrebbero arrivare anche medicine, flebo e diverse altre cose, inviateci dall'ospedale dell'Università di Tokyo.

Il mio soggiorno è stato posticipato fino al 23 marzo.

Domani ci prepareremo per  trasportare i pazienti in un ospedale di un'altra provincia.
Qui non abbiamo gli strumenti adatti per l'assistenza medica.

I pazienti si agiteranno un po' e i familiari non potranno visitarli, ma è importante che vengano curati nel giusto modo.



Durante la riunione di questa mattina ci hanno fatto sapere che è stato ritrovato un superstite, dopo 9 giorni dal sisma.
Eravamo molto contenti, anche se alcuni anziani sono morti nei rifugi, dopo essersi salvati dallo tsunami.

Speravo di salvare più persone possibile, ora vorrei salvarle tutte.

E' dura per gli scampati. Ci sentiamo spesso impotenti.
Spero che unendo le forze potremo fare sempre di più per tutti gli scampati.

9)chiaro di luna


notte del 19 marzo

Speravo potessimo riposare un po' stasera, ma tante persone soffrono di mal di pancia e hanno la febbre. Quindi abbiamo deciso di riposarci a turno nell'ambulanza.

In realtà preferirei rimanere in palestra con i rifugiati perché non sono sola, ma non posso pensare solo a me.

Una volta entrata nell'ambulanza, ho notato che il suo volante era luminoso. Ho pensato fosse rimasta accesa la luce. Poi mi sono accorta che era la luce della luna che illuminava tutto intorno a me. Durerà solo per stasera? E' un'eccezione?

Se ogni sera fosse così luminosa tutti si sentirebbero meno soli. Qualcuno, insonne, esce fuori a contemplare la luna. Illuminato dai suoi raggi, qualcuno sorride. Mi auguro che tutti possano tornare a sorridere nelle zone disastrate. Spero di cuore che mai più possa capitare qualcosa di brutto.

Dovrebbero arrivare a momenti dei pacchi che ha inviato l'ospedale di Tokyo, via posta notturna. Provo gratitudine per coloro che hanno il compito di riempire i pacchi da mandarci e per gli autisti che guidano i camion per arrivare fino a qui. Domani in molti verranno trasferiti in un altro rifugio di un'altra provincia. Mi piacerebbe poter essere d'aiuto.

Ho parlato con un'anziana oggi. Mi ha detto che abbandonare il suo paese, Rikuzen-Takata, per lei è motivo di grossa sofferenza. Lei è nata e cresciuta qui. Ha 90 anni ora. Vicino alla sua abitazione c'era un museo dedicato al mare. Amava osservare i visitatori che si recavano lì, sorridenti.

Nonostante i problemi che aveva avuto dopo la fine della guerra, era riuscita a costruire una casa insieme a suo marito. Avevano comprato una barca per pescare. Quando ha smesso di lavorare, pensava che avrebbe trascorso serenamente il resto della sua vita, insieme ai figli e ai nipoti. Ora, però, il terremoto ha portato via tutto.

“Forse riusciremo a ricostruire la città, così come abbiamo fatto dopo la guerra. Ma ormai non sono più giovane”, dice piangendo l'anziana. Capisco non abbia voglia di lasciare il suo paese. Per chi è anziano, abbandonare il proprio paese, anche se per poco tempo, è motivo di grande stress. Comunque la gente li accoglierà con gentilezza, e li aspetterà un posto caldo e confortevole. Cercate di essere pazienti, per favore!

Neanch'io vorrei più andarmene da qui. Non vorrei tornare a Tokyo.