Questa zona è stata annientata dallo tsunami. Non c'è davvero più nulla e i palazzi rimasti in piedi sono in rovina.
Una barca è entrata dentro un appartamento al quarto piano ed è difficile crederci, pur da testimone oculare.
Un forte odore di bruciato punge il naso.
Regna il silenzio. L'unica cosa che si sente è l'eco degli elicotteri che sorvolano la zona.
La neve ha ricoperto le macerie. Continua a nevicare abbondantemente; non ho freddo, sento solo paura. So che le mie gambe non tremano per il freddo.
Ci raccogliamo in silenzio, mandando un pensiero alle vittime. Penso che forse sarei dovuta venire prima.
Prima di raggiungere i rifugi, un impiegato del comune ci ha guidati all'interno della citta’.
“Questo era il quartiere commerciale.”
“Questo l’ufficio postale.”
“Qui c’era un ottimo ristorante”
“Questo era un asilo.”
Adesso c’è solo un ammasso di macerie.
Ci dice: “E' arrivato uno tsunami alto 15 metri, nerissimo. Ha inghiottito tutto, distruggendo e portando via ciò che si trovava davanti. Se la responsabilità fosse di qualcuno potrei sfogare la mia rabbia e disperazione, ma non c'è nessuno con cui me la possa prendere. E' stata una calamità naturale.”
“Avevamo feste e sagre che dedicavamo al mare, perché gli siamo sempre stati riconoscenti...”. Ora piange.
Sto per piangere anch'io, ma ho fatto una promessa. Guardo il cielo, cercando di pensare ad altro.
Il vento trasporta e fa rotolare foto di bambini e di matrimoni, color seppia.
Ci sono tante piccole bandierine rosse che sventolano.
“Abbiamo piantato le bandierine dove ci sono i morti”.
Facevo fatica ad ascoltarlo.
C’e’ un'anziana di fronte a una bandierina. Sembra avere la stessa
eta’ di mia nonna.
Mi dice: “sai, cara l'infermiera, qui c’era la casa che io e mio marito avevamo
costruito. Mio marito ha lavorato senza sosta dopo la seconda guerra mondiale.
E' stato sempre sano, non ha mai avuto malattie. Ora però è morto”.
Non riesco a trattenere le lacrime.
Il capo infermiere mi è corso incontro, mi ha strattonato fin dietro la macchina, rimproverandomi. Ho deciso comunque di dimostrare i miei veri sentimenti, è stata una mia scelta.
Le immagini che si possono vedere sono selezionate dalla televisione. La realta’ e’ quasi un'altra, un vero inferno.
Quando i militari del Corpo di Autodifesa rimuovono le macerie,
trovano sempre cadaveri infangati.
Le chiamo macerie, ma erano le abitazioni, i mobili, gli oggetti personali che una volta appartenevano a qualcuno, prima che il terremoto arrivasse.
Durante il lavoro ho visitato tutti i rifugi e misurato la pressione arteriosa degli anziani e domandando sulle loro condizioni di salute.
Poiché l’elettricita’ era ancora assente, ho fatto tutto il possibile per riuscire a misurare la pressione arteriosa di tutti gli anziani prima che facesse buio.
Un'anziana mi ha preso la mano mentre le misuravo il battito del polso: “Tu sei giovane come mio nipote. Hai la mano calda.”
Ha chiuso gli occhi per un po’.
Ha chiuso gli occhi per un po’.
Un altro anziano non faceva altro che ringraziarmi.
Un altro ancora avrebbe voluto alzarsi dal letto per ringraziarci, ma non ci è riuscito.
I bambini mangiano di gusto piccole polpette di riso cotto.
Un bimbo dorme nella sua copertina.
Arrivata la sera non riesco a sollevare le braccia. Abbiamo visitato una
decina di centri per gli sfollati, ma ce ne sono ancora tanti altri.
Durante la notte ho pianto. Sotto la coperta.
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