2011年3月30日水曜日

2) il primo giorno

Il 16 marzo, il capo degli infermieri ci ha comunicato le sedi a cui eravamo stati assegnati.
"Tu vai a Rikuzen-Takata."
Sono stata assegnata a una squadra medica in direzione Rikuzen-Takata, nella provincia di Iwate. E' una zona gravemente danneggiata. 
Andremo nella zona in aereo.

Le infermiere del mio ospedale sono state assegnate a Fukushima e a Miyagi.


Ogni squadra ha portato decine di migliaia di fleboclisi, medicine, bende, compresse, pannolini, assorbenti igienici, garze, mascherine igieniche, ecc., dagli ospedali di Tokyo, utilizzando diversi mezzi di trasporto. Non sapevamo in quel momento che queste decine di migliaia di oggetti medici non sarebbero stati sufficienti.

Al posto del camice, ci mettiamo una specie di grembiule, che sembra un giubbotto da ginnastica, con sopra stampato NURSE / Kangoshi* sul dorso.

*Nurse: infermiere in inglese, Kangoshi: infermiere in giapponese.

Guardando dal finestrino dell'aereo, ho capito che stavamo passando Tochigi. Quando eravamo sopra Fukushima, ho visto le case i cui tetti erano caduti. Sono riuscita a vedere anche la centrale nucleare.
Il capo medico ha detto: "Si può capire dove siamo dalla costa. Questa credo sia la città di Sendai"

Il paesaggio di Sendai, dove sono stata molte volte con i miei amici è cambiato completamente, loro mi hanno mandato dei messaggi dove dicono di stare bene e di non preoccuparmi, però non mi sembra proprio che le cose vadano bene! Sono proprio triste.
 

Quanto più ci rendiamo conto della situazione nella città di Sendai, tanto meno parliamo.

Più ci avvicinavamo alla costa di Iwate e più il paesaggio si faceva nitido; il terrorre mi ha paralizzato le gambe. Sembravano rovine bruciate e sepolte, in parte immerse ancora nell'acqua.


Ho pensato: "Questo è il Giappone, non è tanto lontano da Tokyo", come se quel luogo in quel momento mi sembrasse troppo lontano. Ho cominciato a temere i luoghi in cui sarei andata.
Inoltre mi preoccupavo di non essere troppo utile, di essere una palla al piede per gli altri.


Quando siamo arrivati nei rifugi, non ho avuto nemmeno il tempo di pensare o di preoccuparmi per qualcosa. Ciò che avremmo dovuto affrontare sarebbe stato durissimo.

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