2011年3月30日水曜日

5) la vita persa e la vita nata

18 marzo


La nostra squadra si reca in un ospedale che accetta pazienti in gravi condizioni.

Vi lavorano dottori, infermieri, farmacisti, radiologi, dietisti ed assistenti medici, senza mai riposarsi dal giorno del terremoto.
Non sanno ancora se stanno bene le loro famiglie o i colleghi che non lavoravano quel giorno, ma continuano a lavorare senza sosta.

Siamo venuti per dargli il cambio, per farli riposare.

L’assistenza medica e’ uguale anche se il luogo e la disposizione delle medicine sono diversi. In realta’ non so cosa fare per gestire la situazione perché le ambulanze affluiscono senza interruzione e ci sono piu’ di 1000 pazienti che stanno aspettando. Provo però a fare tutto il possibile.

Sono stata assegnata una squadra di accoglienza per i pazienti che arrivano con le ambulanze.
Hanno avuto ictus ed infarti poiché non sono riusciti a somministrargli i farmaci.

Ci sono anche i pazienti che soffrono d'insufficienza cardiaca perché non hanno potuto fare la dialisi, soffrendo loro di nefropatia.

Sono sopravvissuti al terremoto e allo tsunami, ma stanno morendo di malattia. E' difficile esprimere il senso di disperazione che proviamo.

Se fossi a Tokyo, in ospedale, avrei a disposizione tutto ciò che mi serve; per esempio le fleboclisi e le medicine. Ci sarebbe l'elettricità ecc.

Invece qui abbiamo poca elettricità poiché ci alimentiamo tramite un gruppo elettrogeno. Dobbiamo mandare chi ha bisogno di essere operato in altre province, via elicottero.

Il sangue prelevato ai pazienti è sempre pessimo, denso.
Gli chiedo “Hai mangiato qualcosa? Assumi liquidi?”, e rispondono con voce flebile “No, non posso mangiare solo io. Ho mangiato una polpetta di riso cotto e ho bevuto una tazza di te’ al mattino e una alla sera”.

Siamo disperati, mancano le fleboclisi...

Faccio sdraiare i pazienti sul duro pavimento e faccio le fleboclisi, una dopo l’altra. Aspetto un po’ e tolgo l’ago dalle flebo. E’ gia’ molto se si riesce a stimare chi e fino quando potrà riuscire a fare le flebo.

Abbiamo ricevuto un’ambulanza. Ho accolto i pazienti.
C’e’ una donna incinta che ha le doglie.

Sembra avere la mia eta’ ed e’ al suo primo parto.

Poiché non sono ostetrica, le ho assicurato qualche flebo e sono stata lì ad aspettare.

Una volta messa la flebo, ha detto “Mi dispiace molto... ci sono tantissimi malati gravi.”
Le ho risposto “ Ma dai! Stiamo tutti aspettando il tuo bambino!”

I bambini sono la speranza di domani.

Quando e’ nato, la sala parto e’ come se fosse diventata più luminosa.
poiche’ non si puo’ riscaldare l’acqua, abbiamo usato un fornello a gas. Il bambino e’ stato ricoperto con una copertina con un personaggio tipo Ham-taro (personaggio degli anime, ndt) dei soccorsi.

La neo-madre ha detto piangendo “ Se fosse nato un po’ prima, l'avrei potuto far abbracciare da mio padre e mia madre. Lo stavano aspettando con gioia”.

Ma credo che loro l'abbiano aiutata molto perché il parto non è stato difficoltoso.

I membri della squadra medica sono arrivati di corsa quando hanno sentito il primo pianto. La felicità ci ha pervasi.

Ci aspettano ancora sicuramente tante situazioni dure, credo però che saranno ancora di più le cose belle.

Quando il bambino crescerà, questa citta’ tonera’ allo stato precedente e la gente tornerà a sorridere. Lo spero veramente.

La radio annuncia che il numero delle vittime sta aumentando drasticamente.
Oggi qui è nata una nuova vita.

La vita e la morte delle persone hanno lo stesso peso. Non c’e’ differenza. Questo ho notato.

Spero che domani e il domani possano portare qualcosa di più bello.

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